L’efficacia e il valore dei prodotti formativi è proporzionale alla capacità degli stessi di comprendere le necessità del mercato e i contesti culturali e occupazionali all’interno dei quali esso va a inserirsi. Questo è particolarmente vero quando si tratta di formazione “executive” dove i contenuti formativi sono connessi con i processi di innovazione.
E’ sulla base di questa convinzione che il Master in Social Media Marketing & Web Communication della Scuola di Comunicazione Iulm sta sviluppando una ricerca sui processi di adozione e sull’utilizzo dei social media da parte delle aziende italiane. Per superare i limiti di rappresentatività che penalizzano le rilevazioni basate sulle risposte ottenute dai sondaggi “lanciati” online (la forma che hanno molte indagini sul tema, italiane e straniere, tra cui alcune divenute molto note attraverso la rete), l’indagine ha una struttura complessa che si basa su tre fasi: analisi desk, sondaggio online e interviste cati.
La fase desk, attualmente in corso, prende in considerazione sei diversi settori: moda, alimentare, hospitality, servizi pubblici, banche e tecnologico. Per ciascun settore vengono analizzate 120 aziende (per un campione complessivo di 720 casi) ulteriormente segmentate per dimensioni (40 “grandi”, 40 “medie” e 40 “piccole”; l’attribuzione dimensionale viene effettuata in relazione ai dati di fatturato, con classi differenziate in relazione allo specifico di ciascun settore analizzato). Estraendo casualmente da ciascuna classe le 40 aziende da analizzare, l’indagine ricostruisce la presenza che le stesse si sono date (o non date) nel web e nei principali social media (Facebook, Youtube, Twitter, blog, Flickr, Linkedin).
Attraverso una scheda di analisi appositamente messa a punto, vengono valutati aspetti sia quantitativi che qualitativi della presenza social dell’azienda/brand (tra cui, ad esempio, il numero dei canali attivati, il tempo da cui lo sono, le attività dell’azienda sull’unità di tempo, il numero degli iscritti, ecc.) la cui ricomposizione sintetica consente di valutare le tre principali dimensioni sulla cui base si può valutare l’uso più o meno strategico dei social media da parte dell’azienda: orientamento 2.0, gestione, efficacia delle azioni adottate.
La misura di queste tre dimensioni permette di ricostruire quello che abbiamo definito l’indice di SocialMediAbility dell’azienda stessa. Rappresentabile graficamente sotto forma di un triangolo, l’indice SocialMediaAbility permette di ricostruire e rappresentare in maniera sintetica il livello di sviluppo delle attività di social media marketing messe in atto dalla singola azienda e di confrontarla con quella di altre aziende o dell’intero settore. Un esempio, tratto dai dati relativi al settore Moda, oltre a fornire importanti spunti di riflessione su come si sta sviluppando l’uso del social media marketing nei fashion brand italiani, può aiutare ad illustrare il modello di analisi adottato.
Le 120 aziende di settore analizzate (40 per ciascuna delle tre dimensioni considerate), distribuite su tutto il territorio nazionale, comprendevano naturalmente i principali brand presenti sullo scenario nazionale e globale di settore. Dai risultati raccolti emerge come:
- nessuna azienda di piccole dimensioni faccia uso di social media;
- solo il 10% di quelle medie ha attivati canali di comunicazione/relazione di questo tipo;
- mentre sono già l’87,5% le aziende grandi attive in questo senso;
- tuttavia, solo il 27% di queste ultime ha linkato gli ambienti social al sito del brand, a dimostrazione di un atteggiamento culturale nei confronti di questo genere di mezzi ancora in via di definizione e, per certi aspetti, ambivalente.
D’altra parte, è vero che le logiche “social” rappresentano un cambiamento radicale dei modelli di fare comunicazione e dunque, in un certo senso, di essere dell’azienda, che assume implicazioni specifiche e complesse nel caso dei fashion brand. Come il processo di “adozione” dei social media stia procedendo in maniera piuttosto eterogenea e non senza elementi di contraddizione all’interno del settore è ulteriormente dimostrato dal tipo di uso che i grandi brand fanno di tali mezzi, in molti casi davvero poco strategico e distonico rispetto alle logiche e alle grammatiche dei diversi canali social.
L’indice di SocialMediAbility relativo a 40 tra i principali fashion brand nazionali sintetizza in modo piuttosto efficace questa realtà: rispetto ai tre indicatori (Orientamento 2.0, Gestione ed Efficacia) valutati su una scala da 0 a 10, i punteggi medi ottenuti da tali aziende sono rispettivamente di 3, 2, 2, a dimostrazione di una qualche iniziale volontà ad affrontare tali ambienti, a cui tuttavia corrispondono pratiche di gestione ancora piuttosto embrionali e poco strategiche, scarsamente efficaci e poco in grado di tradursi in risultati di un qualche rilievo.
Il completamento di questa fase dell’indagine consentirà di sviluppare confronti tra i diversi settori e di valutare il significato dello scenario relativo al comparto moda da una prospettiva contestuale e di scenario.
Guido Di Fraia
Interessante ricerca: i risultati ci dicono che a livello professionale non esiste ancora una “democratizzazione” del social web. Solo chi ha un approccio strutturato a marketing, pr e comunicazione (medie e grandi aziende) riesce ad avere un approccio “social”.
È poi interessante vedere come un settore per definizione autoreferenziale come quello della moda inizi ad aprirsi in modo consistente allo scambio bidirezionale e alla costruzione di valore insieme al proprio target.
Fa piacere vedere anche in Italia un po’ di ricerca universitaria mirata sul social web, complimenti.