Un paio di settimane fa, grazie alla classica serendipity scatenata dall’incontro con Andrea Genovese a un evento di settore, mi ritrovo in IULM a presentare il libro e il progetto sulle Nuove Professioni del Web al Master in Social Media Marketing e Web Communication.
La premessa verte sul concetto di “Codice Umanistico”.
Il web non è più un luogo per soli smanettoni. Ai professionisti che lavorano dentro al codice, sviluppando e modificando le basi della rete e quindi il Codice Informatico, si affiancano oggi nuove figure, abili nel muoversi sopra un altro codice, creando e curando contenuti, gestendo relazioni e network, pianificando campagne di advertising, interpretando dati di navigazione e conversazioni, ottimizzando la visibilità su motori di ricerca e media sociali, sviluppando meno struttura e più espressione. Un Codice Umanistico, appunto. Che non si presenta come simbolo algoritmico intermediatore del risultato finale, ma è direttamente contenuto, costruito dai professionisti in modalità WYSIWYG: What You See Is What You Get.
Secondo aspetto: le capacità di un professionista del web di 2.0 si basano ancor prima che su competenze specifiche, su attitudini generali:
– Real-Time Attitude: attitudine alla gestione del tempo reale
– All-line Attitude: attitudine all’integrazione strategica di online e offline
– Transolving Attitude: attitudine ai contenuti crossmediali e co-creati con l’utenza
– Innovhunting Attitude: attitudine alla selezione, filtro e aggregazione di fonti e news
Pur se in misura diversa, ogni attitudine deve essere assimilata dai nuovi professionisti digitali. Eccoli:
– Transmedia Web Editor: il Creatore dei contenuti
– Content Curator: l’Aggregatore e Curatore di fonti e notizie
– Community Manager: il Portavoce e Portabandiera delle community
– Digital PR: l’Architetto delle people relations
– All-line Advertiser: lo Stratega della promozione integrata
– e-Reputation Manager: il Guardiano del word of mouth
– Web Analyst: l’Interprete della navigazione degli utenti
– Search Engine Optimizer (SEO): l’Ottimizzatore della visibilità su motori di ricerca e media sociali
Alcuni di essi lavorano quasi completamente sul Codice Umanistico, altri devono avere dimestichezza anche con il Codice Informatico. Ognuno possiede un talento specifico, utile a eccellere nella professione. Infine, tutte le professioni sono strettamente interconnesse e convergenti: è necessario acquisire una conoscenza di base di tutte. Questo anche per motivazioni pragmatiche: aziende e agenzie si aspettano e premiano chi possiede un know-how a 360 gradi ed è pronto a passare, ad esempio, dalla gestione della community alla promozione della stessa e all’analisi dei dati di navigazione connessi.
Con Andrea e gli studenti del Master si è acceso un dibattito interessante su cosa si intendesse con competenze, attitudini, talenti e quali fossero le linee di confine tra gli uni e gli altri.
Dallo scambio riprendo una questione che merita approfondimento e analisi critica:
“Il web di relazione ha effettivamente portato alla ribalta nuove attitudini e talenti da sviluppare per i professionisti, o si tratta di qualità già note declinate su mezzi mediatici inediti?”
Qualche anno fa Nicholas Carr si chiese se “internet non ci rendesse stupidi”. Lo scorso anno Nick Bilton rispose un secco “no”, spiegando nel saggio I live in the future che l’approccio a internet, per sua natura multitasking e in tempo reale, necessita però di un adattamento della nostra mente a nuove dinamiche, di “rimbalzo costante”. E, aggiungo, di un’estrema attenzione verso la bolla del pensiero unico, la “Filter Bubble” tratteggiata da Eli Pariser, capace di contagiare gli utenti della rete nascondendoci l’alternativo da noi e orientandoci al consueto.
Anche i nuovi professionisti del web rischiano di finire stupidi e contagiati?
Giulio Xhaet
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