Adoro parlare di geolocalizzazione.
Mi piace perché è strettamente connesso al mondo degli smartphone e quindi ha molte implicazioni tecnologiche, oltre che sociali.
Ne ho parlato alle ultime lezioni tenute al Master in Social Media Marketing IULM, ne ho scritto nel capitolo di un libro, ne ho disquisito agli ultimi eventi dove sono intervenuto.
Insomma, sono proprio di parte.
Però ho osservato dei movimenti, ho visto delle cose e mi/vi faccio una domanda: siamo sicuri che il giocattolo non si è rotto?
All’ultimo IAB (2011) i numeri e le statistiche circa l’utilizzo del mobile e gli investimenti in questo segmento erano entusiasti. L’osservatorio del Politecnico di Milano ha fatto una classifica delle attività svolte con gli smartphone:
- social network
- messaging
- telefonate
…e mi fermo qua!
Google offre segnali positivi rilasciando, tra Ottobre e Novembre (2011) il servizio GoMo con il quale aiuta i proprietari di un sito web a realizzarne la versione compatibile con i device mobili, regalando linee guida e tool di verifica della compatibilità.
Lo scenario dipinto è rosa.
Però alcuni movimenti li ritengo sospetti, più che nell’ambito mobile, nel contesto della geolocalizzazione; vanno via a braccetto ma, effettivamente, non sono la stessa cosa.
Foursquare ha da poco rilasciato la sua ultima funzionalità: Radar.
La presentazione, naturalmente, è quella dello strumento che “agevola la vita”; il risultato è invece un qualcosa di invasivo e fastidioso che ti avvisa all’istante di una venue nei pressi invitandoti ad effettuare il check-in. Ora, tralasciando questioni legate alla batteria dello smartphone (immaginate di stare a Manhattan!), non vi sembra che sia un tentativo di spingere ancora di più l’utente a compiere il check-in? Che sia il segnale che la base dati, nonostante tutto, non ha ancora raggiunto la massa critica?
Di recente, con la novità associata agli eventi (non ancora disponibile in Italia), ha dato un ulteriore messaggio che va in una direzione sospetta: “No Longer About Where You Are, But What You’re Doing“, non si tratta più del dove, ma del cosa sta facendo l’utente. Ma non ci sono già Facebook e soprattutto Twitter per questo?
Gowalla, con l’ultima major release della propria applicazione, ha cambiato modello di business spostando l’attenzione, anche in questo caso, dal “dove” al “cosa” per mezzo delle storie e degli itinerari.
Facebook, per quello che concerne il prodotto Places, ha effettuato una manovra che parla chiaro: l’ha cancellato.
Il check-in è sempre disponibile, come funzione, nella schermata del wall (parlo dell’applicazione per smartphone), ma gli ha sicuramente fornito una minor visibilità, confermata da una dichiarazione “dietro front” degli interni.
Groupon, che ha una definita anima geolocal, è ancora uno dei più grandi punti di domanda dibattuti anche oltreoceano. Tra l’altro, in questo caso, ci sarebbe dovuto essere anche il marcato orientamento all’offerta commerciale ad incentivarne l’utilizzo. Ed invece…
Di nuovo: non è che il giocattolo si è rotto?
Poi, in Italia, purtroppo mi viene da pensare che forse non sia nemmeno mai partito. 🙁
Marco Ziero di MOCA Interactive
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